Scarpette Rosse Nello spazio scenico di "Scarpette rosse" la funzione sacra della croce si fonde con la dimensione intimistica della camera in un rapporto di trasparenza diamorfica in cui la vanitas di Karen svela la sua inevitabile natura penitenziale. Nella sua via crucis, cammino-calvario drammatico, Karen attraversa sei camere di duplice capacità peccaminosa e remissoria, calzando la doppia lingua del flagello, il legno e il sangue. Sigillata la bocca, il verbo del piacere è solo pensiero, e la bellezza del suo loto d'oro genetico - piccola Lolita di Nanchino - inebria e confonde i pudori di uomini e donne senza più desideri. Orfanella destinata al risorto appetito di vecchie signore, fanciulli no effeminato per le misure emozionali di calzolai eleganti, ragazzina pronta a ricevere il tocco lubrico e cattivo di soldati deformi, Karen evoca la vertigo di passioni mute nascoste oltre la porta del cielo morale. Colpisce e distorce la sacralità dei sacramenti intonando la veglia funebre del pudore per le madri agonizzanti e innalzando a mistero eucaristico la sua minuscola rossa fede peccaminosa. Mutato il piacere in pena, risveglia in sé la passione di pietà e perdono, trasfondendo nel finale della morte la grazia della punizione in estasi di angeliche bionde penitenze. |