Da Le Metamorfosi di Publio
Ovidio Nasone
Creazione < Maria Federica Maestri_Francesco Pititto
Traduzione_Drammaturgia_Imagoturgia < Francesco Pititto
Installazione_Involucri_Elementi plastici_Regia < Maria Federica
Maestri
Musica < Andrea Azzali
Performer < Elisa Orlandini
Produzione < Lenz Rifrazioni
La performance è ispirata ad una delle narrazioni
mitologiche greche fondative l’universo culturale della società
occidentale. Il mito di Orpheus, che scende nell’Ade, il regno
dei morti inaccessibile agli umani, per cercare di riportare in
vita la sua sposa, Eurydices, è stato al centro della riflessione
di artisti, filosofi, registi teatrali, pittori e poeti nel corso
dei secoli. Un lavoro che nasce da una ricerca rigorosa dei materiali
plastici da utilizzare per la scena, un’attenzione ai movimenti
ed ai gesti simbolici, ognuno legato ad una citazione di un determinato
passaggio poetico, una sottile linea di definizione sintattica che
crea una sequenza di situazioni sceniche lucide, veloci e di forte
impatto. Maria Federica Maestri ha creato una situazione installativa
che traduce plasticamente l’opposizione cromatica e fondativa
della storia di Orpheus, che con il suo canto ammalia dèi
e bestie, ed Eurydices che è ombra silenziosa, deesistente
parte del regno dell’oscurità. L’Ade come non-luogo,
ma scarna geometria di tensioni spaziali minime e private. Un’elegia
al nero che si nutre di dimensioni materiche: in primo piano in
scena l’ovulo di Eurydices in cui sono custoditi coriandoli
neri, simbolo della festa di nozze intrisa di lutto, come narrata
da Ovidio e Rainer Maria Rilke, il punto finale in cui si concluderà
la performance. Microtesti poetici suggeriti in diretta da una trasmittente
ed ascoltati in un letto auricolare, disegni neri dell’amata
che si divide plasticamente da se stessa in amato sul piano trasparente
della scena, un’opera che si definisce nella coincidenza tra
la potenza dell’azione artistica e la necessità di
separazione dall’oggetto amato. Francesco Pittitto cura come
sempre la dimensione dell’immagine attraverso la proiezione,
in contemporanea alla performance, di un video in bianco e nero,
un ritratto orfico di Elisa Orlandini che si mescolerà alla
sintassi scenica ed ai movimenti performativi.
A performative translation of the metamorphosis of Orpheus and Eurydices.
“I longed to be able to accept it, and I do not say I have
not tried: love won”. |