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Echo da Le Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone
Performance del progetto RADICAL CHANGE
Finito, consumato lo spasmo amoroso della creazione, rimane l’eco di ciò che è ancora più immateriale del teatro, il suono: il segno che non crea corpo. Il tentativo era restituire alla visione il corpo rigido, il corpo fonte, il corpo della musica e del musicista che ri-assume le forme della Ninfa, la sua carnalità, il suo desiderio muscolare di suono. Questa performance presenta una modificazione minima dello spazio installativo. L’idea era di riuscire a ridisegnare una drammaturgia dello spazio non rimodulando semplicemente gli elementi in scena ma ridefinendoli, a partire dallo spazio del musicista collocate all’interno delle uova plastiche, diafane, incolori, in guisa d’eterno. Istituire all’interno di questa caverna trasparente 3 volumi cubici, forma perfetta che si oppone alla perfezione irriducibile della rotondità, a rappresentare l’angolosità graduata dell’atto di conoscenza. Proprio su un cubo si è deposto lo strumento artificiale, il computer, da cui proviene la memoria del suono originario: piedistallo ed insieme corpo della rappresentazione. Si sono restituiti pochi tratti dell’identità melodrammatica di Echo, una delle metamorfosi fondanti della cultura occidentale, del suo pensiero filosofico-amoroso. Su questo materiale poetico-simbolico abbiamo operato un processo di raffreddamento volto a privare, ad assottigliare, a rinsecchire il corpo narrativo piuttosto che ad irrobustire passionalmente la sua rappresentazione. E’ avvenuto il contrario con la metamorfosi della Fenice, la cui simbologia non rifonda i grandi mitologemi sentimentali occidentali: culturalmente ibrida è più vicina al pathos contemporaneo”. |