DIDO  2010
da Heroides di Ovidio

“C’è ancora una Didone?"
Ovidio

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 Il video è disponibile su Vimeo, previa richiesta password, al link 

Dido_parte 1
http://vimeo.com/36245451

Dido_parte 2
http://vimeo.com/36240562

Con Dido si compie il lungo progetto performativo e visuale ispirato alle opere di Ovidio: dopo Radical Change, Chaos ed Exilium, libere creazioni tratte da Le Metamorfosi e i Tristia, Lenz Rifrazioni innesta la propria poetica visionaria sulle Epistulae heroidum, per rielaborare artisticamente la figura di Didone, la regina suicida, icona classica dell’estremismo sentimentale esaltata nelle opere di Guido Reni, Rubens, Tiepolo, Vouet, Lorrain e protagonista dell’opera di Henry Purcell “Dido & Aeneas”, capolavoro musicale del barocco.

A lei Ovidio dedica una delle ventuno lettere d’amore immaginarie che compongono le Heroides in cui la regina scrive ad Enea – indicato dagli dèi come futuro fondatore di Roma - nel vano tentativo di convincerlo a non abbandonarla. La fuga di Enea che abbandona Didone strappandole l’anima e spingendola al suicidio sembra preludere agli orrori futuri che l’Italia fascista porterà in Africa con la conquista dell’Etiopia nel 1936. Non a caso, infatti, negli anni ‘30 all’interno della riappropriazione del mito dell’Impero romano ad uso della retorica mussoliniana, Didone viene demonizzata in quanto donna simbolo del continente preda.

Didone rappresenta il corpo mitico dell’Africa, conquistato, goduto e abbandonato dall’eroe d’occidente Enea, fondatore di Roma e del nuovo impero. E la stessa Cartagine, la città fondata da Didone, è secondo il mito, definita e circoscritta da pelle animale, sottile e vulnerabile. Pelle, corpo, cute, si arrossano di passioni, tremori e dolori sotto lo sguardo di desiderio della latinità senescente di Enea.
Il progetto installativo di Dido mette al centro della creazione il rapporto tra i soggetti performanti, una donna-bambina e un vecchio-maschio. Sul proprio corpo la bambina fonda una città sentimentale governata da leggi cutanee, non condizionata da atti autoritativi, esclusivamente ordinata dalla norma epidermica dell’affezione. Il corpo del vecchio, fisica dell’ospizio civico-ideologico dell’occidente, somatica residuale della classicità, si eroizza nella pompa epica del pius, rispettoso della volontà divina, delle leggi e dei doveri verso lo Stato, di fronte ai quali sparisce la necessità dell’individuo.

Il testo di Ovidio, intrecciato a riferimenti da La tragedia di Didone, regina di Cartagine di Christopher Marlowe, Leonce und Lena di Georg Büchner e dal V Canto dell’Inferno di Dante Alighieri, prende corpo attraverso una partitura filmica stratificata, stratificata, realizzata nel sito archeologico di Cartagine in Tunisia e a Cartagena in Spagna, che restituisce mappe geografico-emozionali, visioni poetiche che dilatano l’azione performativa e invadono lo spazio scenico, rifrangendo i nuclei drammaturgici primari del mito tragico.

 

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